La diagnostica prenatale invasiva comprende l’insieme delle procedure idonee a prelevare tessuti embrio-fetali od annessiali allo scopo di indagare sospette cromosomopatie correlate a quadri malformativi, per la ricerca di agenti infettivi, per la valutazione di parametri ematologici fetali. Le tecniche attualmente utilizzate sono:
La scelta della tecnica da impiegare viene dettata dall’indicazione, dall’epoca di esecuzione del prelievo, dalla specifica esperienza dell’operatore e del laboratorio di riferimento, oltre che dalla preferenza della donna dettagliatamente informata. A parità di condizioni, è in genere consigliabile utilizzare la tecnica meno invasiva e più precoce.
La villocentesi o prelievo dei villi coriali è la tecnica di diagnosi prenatale invasiva che prevede il prelievo di un adeguato campione di tessuto coriale.
Le principali indicazioni al prelievo di villi coriali sono riassunte in Tabella I; tra queste le più diffuse attualmente sono la determinazione del cariotipo fetale, quando l’età della gestante è ≥35 anni e lo studio del DNA fetale per la ricerca di anomalie legate ai geni.
Gli approcci al prelievo di villi coriali sono fondamentalmente due:
Il prelievo per via trans-addominale è quello maggiormente impiegato. Si effettua mediante l’utilizzo di un doppio ago coassiale costituito da una camicia esterna del diametro di 18 gauge e della lunghezza di circa 15 cm che contiene un ago di diametro inferiore (20-22 gauge) e della lunghezza di circa 20 cm. Con il primo, applicato alla guida della sonda ecografica, si penetra attraverso la parete addominale ed il miometrio fino al limite del corion; esso funge da camicia per l’ago più sottile che, inserito in esso, raggiungere il corion. Dopo aver applicato al secondo ago una siringa, a sua volta collegata ad un aspiratore manuale o meccanico, si procede all’aspirazione dei villi.
In alternativa alla tecnica con doppio ago può essere impiegata quella a mano libera; in questo caso si impiega un singolo ago spinale, lungo 9 cm e con diametro di 20 gauge, col quale si raggiunge direttamente il corion, sotto visione ecografica continua. All’ago, collegato direttamente ad una siringa di 20-30 ml in aspirazione continua, viene impresso un movimento di “su e giù”: l’azione meccanica dell’ago ed il “vuoto” prodotta dalla siringa consentono il prelievo dei villi.
La tecnica trans-cervicale prevede l’inserimento di un catetere di polietilene, del diametro di 1,5 mm e della lunghezza di 26 cm circa, attraverso il canale cervicale e sino al chorion frondosum, nella zona in cui il suo spessore è maggiore. Il catetere flessibile viene successivamente collegato ad una siringa che aspira i villi. In alternativa al catetere flessibile può essere utilizzata un pinza rigida da biopsia.
Il prelievo dei villi coriali si esegue di norma a partire dalla 10a settimana di gravidanza (fino alla 13a settimana per via trans-cervicale; fino a termine di gravidanza per via trans-addominale), in forma di intervento ambulatoriale senza necessità di ricovero della gestante. Prima della procedura invasiva si esegue di norma un esame ecografico per valutare la vitalità dell’embrione, la biometria (CRL) e la localizzazione del chorion frondosum allo scopo di scegliere il punto più idoneo per l’inserzione dell’ago.
Per il prelievo trans-addominale si esegue un’accurata disinfezione della cute; può essere opportuno inoltre utilizzare un involucro sterile per la sonda ecografica ed una piccola quantità di gel anch’esso sterile.
Per il prelievo trans-cervicale si esegue disinfezione vaginale e si applica lo speculum.
Per entrambe le procedure il controllo ecografico continuo è indispensabile sia nella fase di penetrazione dello strumento (ago o catetere) nel chorion frondosum, sia durante quella di aspirazione del materiale. Nel caso in cui il materiale prelevato risulta insufficiente è possibile eseguire ulteriori tentativi di prelievo, utilizzando un nuovo ago e/o catetere. Va ricordato, però, che il rischio di danno fetale grave e/o mortale aumenta significativamente quanto più alto è il numero di tentativi.
Il prelievo dei villi coriali comporta un rischio di perdita fetale stimato dell’1% e non differisce in maniera significativa dal rischio stimato per l’amniocentesi.
Il rischio di perdita fetale dopo villocentesi è correlato a diversi fattori quali l’età materna avanzata, il numero di tentativi di prelievo e la tecnica utilizzata (la tecnica trans-cervicale comporta un maggior rischio di perdita fetale rispetto a quella trans-addominale). Il prelievo dei villi coriali eseguito prima della 10a settimana di età gestazionale può essere associato ad un aumento del rischio di difetto trasversale degli arti fetali.
Complicanze minori sono le perdite ematiche vaginali (frequenti soprattutto dopo l’impiego di prelievo trans-cervicale); le complicanze settiche sono rare e comunque più frequenti nella metodica trans-cervicale.
In Tabella II sono riassunte le principali complicanze della villocentesi.
Utilizzando la tecnica trans-addominale, al primo tentativo si ottiene prelievo soddisfacente nel 98% dei casi, nel 99% al secondo tentativo. Nella maggior parte dei casi (97%) si ottiene comunque congrua quantità di materiale coriale (>10 mg). In circa lo 0,5-1% dei casi si può verificare il fallimento dell’esame citogenetico, spesso a causa della scarsità del materiale prelevato.
L’esame citogenetico offre:
L’amniocentesi è il prelievo di liquido amniotico per diagnosi prenatale.
Indicazioni
Tale indagine citogenetica trova indicazione per le seguenti cause:
L’amniocentesi eseguita nel terzo trimestre di gravidanza (epoca tardiva) trova la sua più frequente indicazione nella determinazione della maturità polmonare fetale.
Le principali indicazioni all’amniocentesi sono riassunte nella Tabella III.
– Determinazione del cariotipo fetale :
– Esame del DNA
– Ricerca di agenti infettivi virali o protozoari
– Determinazione della concentrazione di alfafetoproteina o di altri metaboliti
Tecnica di prelievo
Comunemente, il prelievo di liquido amniotico si esegue per via trans-addominale utilizzando un ago singolo di calibro 20-22 gauge e di lunghezza adeguata. Come per la villocentesi, può essere utilizzata la tecnica del doppio ago montato sulla sonda ecografia, oppure quella a mano libera impiegando un ago singolo.
Modalità di esecuzione dell’esame
L’epoca di esecuzione del prelievo di liquido amniotico deve essere attentamente valutata sulla base di parametri biometrici rilevati all’ecografia.
Infatti le amniocentesi effettuate dopo la 15a e la 16a settimana di gravidanza si associano a maggiori possibilità di successo del prelievo ed a minori rischi rispetto ai prelievi effettuati in epoche più precoci.
Le amniocentesi precoci (10a-14a settimana) presentano maggiori difficoltà di esecuzione, un maggior rischio di aborto, aumentata possibilità di perdita di liquido amniotico e maggiore frequenza di fallimento della coltura cellulare.
Prima di effettuare il prelievo si esegue un esame ecografico per valutare la vitalità, la posizione e la biometria del feto; il riconoscimento della localizzazione placentare è indispensabile per scegliere il punto più idoneo per l’inserzione dell’ago.
Indispensabile è un’accurata disinfezione della cute addominale; utile è l’impiego di involucro sterile per la sonda ecografica e di gel sterile. L’inserzione dell’ago deve essere sempre effettuata sotto controllo ecografico continuo. È consuetudine cercare di evitare la puntura transplacentare, a meno che quest’ultima non rappresenti la via migliore di accesso ad una idonea tasca di liquido amniotico; in questo caso è necessario mantenersi distanti dall’inserzione del cordone ombelicale. In genere la prima parte del campione di liquido amniotico (0,5-1 ml) viene scartata in quanto potrebbe contenere cellule non fetali e falsare l’interpretazione dei risultati. La quantità di liquido amniotico prelevata corrisponde in millilitri alle settimane di gravidanza e comunque non dovrebbe eccedere i 20 ml.
Rischi e complicanze
L’amniocentesi comporta un rischio di perdita fetale pari all’1% ed è sovrapponibile a quello riportato per il prelievo di villi coriali. Il rischio di aborto aumenta sensibilmente in presenza di ulteriori fattori di rischio quali la precedente abortività (fino al 7%), la presenza di emorragie genitali nel corso della gravidanza (fino al 6%), di sangue nel liquido amniotico (fino al 15%).
Il rischio di rottura prematura delle membrane (PROM) dopo amniocentesi è stimato intorno all’1%.
Il rischio di lesioni fetali provocate dall’ago nel corso dell’amniocentesi è trascurabile se il prelievo viene eseguito sotto controllo ecografico continuo.
In Tabella IV sono descritte le principali complicanze dell’amniocentesi.
Successo del prelievo e accuratezza diagnostica
Utilizzando la procedura di prelievo sotto controllo ecografico continuo, si può ottenere il successo del prelievo nel 98% dei casi al primo tentativo. In circa lo 0,2% dei casi si può verificare il fallimento dell’esame citogenetico, spesso a causa della presenza di sangue nel liquido amniotico. In caso di mosaicismo cellulare può essere opportuno procedere ad un nuovo prelievo (sangue fetale), per il chiarimento diagnostico. Gli errori diagnostici (risultati falsi negativi) sono molto rari (1 su 5.000).
La cordocentesi o funicolocentesi rappresenta la puntura del cordone ombelicale, sotto guida ecografia, per il prelievo di sangue fetale da sottoporre ad indagini diagnostiche.
Indicazioni
Sono principalmente lo studio dei parametri ematologici del feto, la determinazione rapida del cariotipo fetale e la ricerca di agenti infettivi
In Tabella V sono descritte le principali indicazioni alla cordocentesi
Tecnica di prelievo
Il prelievo di sangue fetale si esegue per via trans-addominale utilizzando un ago singolo di calibro tra 20 e 22 gauge e di lunghezza variabile. Meno frequentemente si utilizza un doppio ago (ago 22 gauge inserito in un ago guida da 20 gauge). Può essere opportuno disporre di un coulter counter per analizzare immediatamente il campione di sangue prelevato e confermarne l’origine fetale.
Modalità di esecuzione dell’esame
Il periodo ottimale per eseguire una cordocentesi è dopo la 18a settimana. In analogia con le altre tecniche di diagnostica prenatale invasiva, prima della sua esecuzione si effettua esame ecografico per valutare la posizione del feto, rilevarne la biometria, localizzare la placenta e l’inserzione del cordone in essa allo scopo di scegliere il punto più idoneo per l’introduzione dell’ago.
Si esegue quindi una accurata disinfezione della cute addominale; si prepara e si delimita con teli sterili il campo di intervento; si protegge la sonda ecografica con bag sterile; si impiega gel anch’esso sterile. Il quantitativo di sangue fetale da prelevare non deve superare i 3-4 ml; volumi superiori possono indurre bradicardia fetale anche grave. La vena ombelicale nei pressi della inserzione placentare rappresenta la sede di elezione per effettuare il prelievo di sangue fetale; se l’inserzione del cordone in placenta non è raggiungibile per la topografia placentare e/o per la posizione del feto, si può effettuare il prelievo da un’ansa libera del cordone. Quando il prelievo viene effettuato all’inserzione del cordone il sangue prelevato deve essere immediatamente analizzato con un coulter counter per confermarne l’origine fetale; tale passaggio è ovviamente inutile quando il prelievo viene eseguito su ansa libera. Dopo l’estrazione dell’ago è necessario valutare l’eventuale presenza di immediato sanguinamento dalla sede del prelievo, la formazione di eventuale ematoma del cordone (che può comprimere i vasi del funicolo tanto da compromettere la sopravvivenza del feto), l’instaurarsi di bradicardia fetale.
Rischi e complicanze
Entro due settimane circa dall’esecuzione della procedura, la percentuale di aborto si aggira intorno al 2%. Tale rischio percentuale aumenta in presenza di aneuploidie cromosomiche, di anomalie strutturali, di ritardo di crescita, di oligoidramnios, di idrope fetale.
Tra le complicanze ricordiamo:
Tali complicanze espongono ad un elevato rischio di morte del feto.
In Tabella VI sono riportate le principali complicanze legate al prelievo di sangue fetale.
Successo del prelievo e accuratezza diagnostica
Eseguendo il prelievo con ago singolo infisso a livello dell’inserzione placentare della vena ombelicale, la metodica giunge a buon fine nel 97% dei casi al primo tentativo; ad analoghi risultati si perviene mediante prelievi dalle anse libere del cordone. La tecnica con doppio ago sembra offrire minori probabilità di successo al primo tentativo (85%). Gli errori diagnostici sono rari.